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Incentivi all’egoismo che creano valore nella comunità

Autore: Andrea Mangione *


Come sappiamo, in una DLT la sicurezza della sua immutabilità è affidata molto al concetto di reputazione.


Essendo la Blockchain di una DLT replicata su più nodi del network, si ritiene facilmente individuabile chi e in che momento abbia potenzialmente corrotto un certo dato per trarne un maggior beneficio, a discapito del resto o parte del network.

Questo renderebbe possibile la presa di provvedimenti, di “punishment” e la relativa perdita di reputazione da parte di quell’attore malevolo, che, quindi, non sarà più in grado di usufruire dei benefici che quello stesso network gli portava.

Cosa succede quando il trasgredire le regole del network, oltre ad offrire un guadagno nell’immediato, è anche facilmente attuabile e difficilmente punibile?



In una DLT non essendoci diretti incentivi economici per chi contribuisce alla sicurezza delNetwork - asset nativo del protocollo - quest’ultima non ha un costo. Non esiste, quindi, una difficoltà nel creare blocchi e nello scrivere dati all’interno di essi, o, se vogliamo, non esistendo un costo nel compiere quell’operazione viene meno l’utilità di remunerarla con un asset. Da questa facilità deriva il fatto che una potenziale modifica potrebbe essere apportata da qualsiasi partecipante del network in qualsiasi momento.

Nel caso in cui la stessa identica modifica venisse apportata da più di un nodo, chi dei due sarebbe il responsabile?


Potenzialmente uno dei due potrebbe essere in buona fede ed aver solamente seguito la catena sbagliata, o magari no. E se la modifica venisse apportata dalla maggioranza del network? A chi spetterebbe il compito di decidere chi è nel giusto e chi punire? Con che grado di efficacia? Non dico che sia impossibile, nè voglio screditare una tecnologia che sembri effettivamente performare discretamente bene per alcuni use-case.

Quello che vorrei stimolare, soprattutto in relazione al contesto tecnologico odierno, è un sano criticismo nella pratica del punire chi, per trarne un guadagno privato, danneggia la comunità, rispetto all’ incentivare il “comportarsi bene”, a tal punto che egoisticamente sia a priori la cosa più conveniente, tenendo comunque sempre bene a mente il rapporto costo/opportunità finale per la comunità stessa.

Chiacchierando tra colleghi, non chiedetemi come, si è finiti a parlare di pistole vere, fatte incasa con stampanti 3D e, se la memoria non mi inganna, di come una di queste venisseutilizzata in un film per compiere un omicidio eludendo la sicurezza aeroportuale ed isuccessivi controlli ad atto compiuto (non essendo fatta di metallo e non avendo alcun tipo dicodice di riconoscimento).



È interessante riflettere su come la tecnologia ci stia fornendo sempre di più poteri difficilmente controllabili o censurabili. Per usare lo stesso esempio, oggi una stampante 3D costa probabilmente molto, ma domani sarà potenzialmente alla portata di tutti.


È giusto quindi iniziare a pensare ad una nuova società veramente OPEN. Una società dove il “comportarsi bene”; sia INCENTIVATO e non indotto da possibili punishment (banalmente perchè si riuscirà ad applicarli sempre meno), dove l’individuo trovi un maggiore profitto personale nell’utilizzare le proprie risorse per “comportarsi bene”; all’interno della comunità piuttosto che il contrario.


Questo concetto trova una interessante applicazione nella teoria dei giochi del protocollo Bitcoin per gestire il comportamento dei miner. Sapendo che, nonostante faccia egoisticamente i suoi interessi, il singolo contribuisca in ogni caso alla creazione di valore per la comunità, invece che sottrarglielo, implica un’ interessante conseguenza: saremmo in grado di accettare chiunque all’interno del nostro network, anzi, saremmo incentivati a cercare di far entrare quante più singolarità possibili all’interno della nostra comunità, perchè egoisticamente ci conviene.


*Andrea Mangione è un allievo della prima edizione del Master Lab in Blockchain Technology Management della Blockchain Management School.


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